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lunedì 24 gennaio 2011

Il rischio del fairplay finanziario

Lancio una provocazione, in seguito alle parole del presidente Moratti sul fair play finanziario e sulla necessità di rivedere il meccanismo che lo regola.

Sono molti i club indebitati che ad oggi, con le regole volute da Platini, avrebbero difficoltà a prendere parte alle competizioni internazionali. Le squadre inglesi, spagnole e italiane, tra le più blasonate, mostrano una situazione economica inadeguata ai parametri voluti dalla Uefa. Il tempo per mettersi in regola c'è, ma la necessità di competere, di rinforzarsi, di spendere mal si concilia con gli obblighi economici.

Il rischio, nel caso in cui la Uefa non voglia rivedere le sue regole, è quello di una spaccatura tra i club e la federazione.

Il G14 potrebbe decidere di organizzare quel tanto rincorso campionato europeo e dire addio ad obblighi ritenuti troppo stringenti.

venerdì 21 gennaio 2011

Il 99,9% di Mourinho

Josè è furbo. Pesa ogni parola, ogni dichiarazione, ogni singola situazione. Non parla mai a caso. Due stagioni fa al termine della prima annata sulla panchina interista, quella dell'eliminazione contro lo United agli ottavi, lasciò aperto lo spiraglio di una sua possibile partenza da Milano. Già allora si parlava di un interessamento del Real Madrid nei suoi confronti e lui non chiuse la porta in faccia alle merengues. Moratti non gradì, tuttavia decise di accontentare il suo tecnico: rinnovo con aumento e squadra rivoluzionata. Arrivò la Champions e una stagione da incorniciare. Quello 0,1% aveva fatto centro. Aveva forzato al mano al presidente convincendolo a esaudire ogni volere del suo mister.

In questi giorni si sta riproponendo una situazione simile. Mourinho da mesi chiede un'attaccante. Benzema non lo soddisfa e preferisce giocare senza centravanti. La dirigenza tuttavia non sembra disposta ad accontentarlo. Non vuole spendere neppure un euro per accontentare il suo entrenador. Florentino Perez e il suo braccio destro Jorge Valdano credono che Benzema possa fare al caso del Madrid e non vogliono svalutare un investimento che solo lo scorso anno fu delle notevole cifra di 35 milioni di euro. Mourinho sta scoprendo la realtà madrilena. Nelle merengues non può fare come al Chelsea e all'Inter dove riusciva a dettare le strategie di mercato. Al Real è diverso. Il club ha una sua “strategia”, un modus operandi radicato e difficile da abbattere. Se a ciò aggiungiamo l'antipatia che corre tra Mou e Valdano è facile capire come mai la punta non arriverà.

Memore delle passate esperienze Josè prova a riutilizzare una sua vecchia tattica: forzare la mano. Se Valdano assicura, davanti ai microfoni, che con il tecnico non esistono problemi lui, lo Special One, agisce diversamente. Minaccia di andarsene per poter ottenere ciò che realmente vuole: la testa di Valdano e il controllo assoluto del mercato madrileno.  

“A giugno potrei andare” tradotto dal mourinese significa: compratemi l'attaccante che serve. Ma se davvero non dovesse arrivare, a fine stagione si troverebbe in una situazione per lui nuova. Allenatore di un club che non segue i suoi voleri. Allenatore del Real, un club che non ha mai dato troppa importanza agli allenatori. E quindi pronto a lasciare la Castiglia.

lunedì 17 gennaio 2011

L'amore di Blatter per la Liga...

In una recente intervista Blatter ha sostenuto che la Liga è il campionato più bello del mondo e che la Premier League dovrebbe emularla. Le sue dichiarazioni hanno lasciato, come spesso accade, un po' spaesati coloro che prediligono un torneo equilibrato, nel quale ogni domenica non esistono gare già segnate. La Liga non appartiene a questa categoria. Non tragga in inganno il pareggio di domenica tra Almeria e Real Madrid. È solo uno dei pochi casi in cui le due big non sono riuscite a portare a casa il bottino pieno. Se si analizza anche il torneo dello scorso anno e la classifica finale si può ben vedere come i punti conquistati da Barca e Real testimoniano un assoluto duopolio. Un torneo a due squadra, simile forse alla sola Scottish Premier League.



Numeri alla mano, la prima parte dei tornei europei parla chiaro: il Barcellona nel girone d'andata ha realizzato la bellezza di 52 punti in 19 partite, una media di 2,74 a partita. Alle sue spalle il Real Madrid con 48, 2,53 a partita. Numeri incredibili quelli dei blaugrana che danno la perfetta dimensione di quanto sia ripetitivo il campionato spagnolo. Lasciare nelle prime 19 partite solo 5 punti (1 sconfitta e 1 pari) ha dell'incredibile. Un ruolino di marcia emblema di una differenza di valori colossale. Certo “il Barcellona è la squadra più forte del pianeta, gioca il miglior calcio, in Spagna le squadre badano soprattutto ad attaccare e non cercano di chiudersi per portare a casa uno striminzito pareggio”, ma come può ritenersi spettacolare un campionato nel quale solo due squadre hanno la possibilità di vincere e le altre già dopo 10 giornate sono staccate dalla vetta?



In Italia il Milan ha chiuso l'andata a 40 punti, 2,10 a partita. Si tratta di un punteggio basso rispetto agli ultimi campionati, ma ciò sta garantendo la possibilità a più squadre di puntare al titolo. Non parliamo della bellezza o della qualità del gioco, ma della spettacolarità e della relativa competività. In Germania il Borussia Dortmund ne ha totalizzati 43 in 17 partite (media 2,53). In Premier League il Manchester United ha chiuso con 41 punti in 19 gare (in questo caso si prendono le prime 19 partite, non considerando i recuperi che i reds dovranno sostenere). In Francia il Lilla ha fatto 35 punti in 19 partite, 17 in meno del Barcellona.



Escludendo la Spagna, in tutti gli altri maggiori tornei la corsa al titolo è più che mai aperta, con almeno 3 squadre ancora in lotta. La Bundesliga quest'anno sta vivendo un'annata particolare a causa della partenza a rilento del Bayern Monaco e della crisi dello Schalke 04 campione uscente. In Italia, Inghilterra, Francia invece il girone d'andata non ha ancora deciso niente.

sabato 15 gennaio 2011

La Juventus tra infortuni e gerarchie

Ma è una maledizione quella che sta colpendo gli attaccanti bianconeri? Se non lo è si tratta, come minimo, di una sfortunata coincidenza. Del Neri in attacco è costretto a scelte obbligate. Ha solo Del Piero e Amauri disponibili. Nessuno dei due è al 100%. Il capitano ha accusato un'infiammazione al ginocchio, il brasiliano invece è stato sottoposto a un intervento al setto nasale e dovrà giocare con la mascherina di protezione. Gli altri? Tutti out. Quagliarella, il più in forma fin qui, è stato operato e si rivedrà la prossima stagione. Toni, appena arrivato ha rimediato un infortunio che lo terrà fuori 30 giorni almeno. Iaquinta invece è costantemente ai box, alle prese con problemi muscolari.

Fa quasi sorridere la vicenda Toni. Arrivato per sopperire alla mancanza di Quagliarella è già in infermeria. Ma aveva senso puntare su un calciatori di 33 anni che fino a questo momento della stagione aveva fatto solo 3 gol. Certo a costo zero è difficile trovare occasioni migliori, ma intervenire sul mercato, con la fretta di rimediare a un inconveniente non è il miglior modo di agire. Pure lo scorso anno i bianconeri presero Paolucci in fretta e furia e poi il calciatore giocò pochissimo.

Adesso Marotta dovrà intervenire nuovamente. Amauri, possibile pedina di scambio, chiude molte strade perché ha detto di voler rimanere. La pista che portava a Luis Fabiano sembra così sfumare. I bianconeri non possono investire, ma devono affidarsi a scambi, prestiti o acquisti a costo zero. Le grandi spese sono rimandate a giugno, sperando che arrivi la qualificazione alla Champions.

Il nome che circola insistentemente è quello di Floro Flores. Un buon attaccante, ma non un nome in grado di spostare gli equilibri. A livello realizzativo non vale Quagliarella. È una prima punta, ma non un giocatore da Juventus, un campione in grado di far fare quel salto di qualità tanto cercato. È una soluzione d'emergenza e come tale rischia di non portare quei benefici sperati. Dzeko ha atteso per mesi la chiamata poi si è arreso e ha scelto il City. Lui era il giocatore giusto, giovane, forte, capace di far reparto. Aveva solo un difetto: costava troppo. Ma senza investimenti in quei ruoli ancora scoperti la Juve rischia un altro anno di transizione.

Sono bastate due gare per far passare in secondo piano tutte le cose positive che la truppa di del Neri aveva fatto fin qui. In un campionato così equilibrato due battute d'arresto come quelle contro Parma e Napoli rischiano di pesare molto.

A rendere ancora più turbolente l'atmosfera ci pensa la questione portiere. Del Neri sembra convinto a puntare su Buffon. Dopo le parole pro Storari è bastata una gara per cambiare le gerarchie. Buffon non si discute, ma Storari fin qui aveva ben figurato e adesso difficilmente accetterà la panchina. Le valigie sono pronte.

sabato 8 gennaio 2011

Il ritorno di King Kenny

Quando una bandiera, un'eroe sportivo, un mito vivente torna in campo, per dare una mano al club che gli ha regalato gloria e successi non si può che essere felici. Il Liverpool ha scelto, al posto di Roy Hodgson, un vecchio leone. Sarà Kenny Dalglish a guidare i reds fino al termine della stagione. La sua candidatura era stata già avanzata a giugno, ma il club preferì scegliere Hodgson. Oggi, con una classifica difficile, a sole 3 lunghezze dalla zona rossa, tocca a Dalglish salvare il salvabile. 

L'esordio del nuovo corso riserva subito una sfida carica di significato. Nel terzo turno di FA cup il Liverpool sfida il Manchester United.
Anfield si sta già preparando al ritorno del re. Le prime reazioni dei tifosi alla notizia dell'incarico sono state entusiastiche. Nel passato Dalglish ha mostrato in campo prima e in panchina poi di essere un grande. Adesso lo attende il compito più difficile: ridare orgoglio e fiducia a una squadra in crisi, far capire ai giocatori cosa significa giocare nel Liverpool. Chi meglio di lui può riuscirci?

giovedì 6 gennaio 2011

Muro City, l'Arsenal non passa

Boring City: è forse questo il miglior complimento che si può indirizzare alla squadra di Mancini dopo il pareggio a reti bianche dell'Emirates. Nel big match della Premier l'Arsenal impatta contro la squadra di Mancini e vede aumentare il distacco dallo United, ancora vincente, ma non convincente.



Il City, con alcune assenze (Kolarov, Balotelli e Silva) e con il neo acquisto Dzeko in tribuna si presenta a Londra con il chiaro intento di portare a casa il risultato a occhiali. Il solo Tevez in avanti, volenteroso ma isolato, difficilmente può impensierire Fabianski. Il portiere dei gunners termina l'incontro senza neppure un parata degna di questo nome. La sconfitta dell'andata, un 3 a 0 pesante e netto, deve aver convinto Mancini che un punto è sempre meglio di nulla. Così il tecnico jesino costruisce una squadra corta e compatta, con due linee molto vicine e stretti, difficili da superare. Ne risente il risultato e lo spettacolo. L'Arsenal ci prova, soprattutto in avvio. Colpisce due pali, tiene possesso palla e iniziativa per tutto il match ma non sfonda. Davvero deludente vedere una squadra, costata in totale 1 miliardo di sterline, affrontare una partita del genere come l'ultima provinciale. Adesso con l'arrivo di Dzeko il City dovrà modificare il suo modo di stare in campo. Magari tenterà anche di giocare a viso aperto in partite del genere. Perché arrivare quarti o terzi non sarebbe sicuramente un risultato da rivendicare. Il City, per la rosa che ha, deve competere per la Premier.



Difficile fare appunti alla squadra di Wenger. L'Arsenal ha interpretato la gara nella giusta maniera, imponendo il proprio modo di giocare e occupando stabilmente la metà campo avversaria. Non si può chiedere a una squadra di snaturare le proprie caratteristiche. Van Persie non è un'attaccante da area di rigore. Preferisce svariare, andare a cercare lo spazio. Ieri sera forse sarebbe servito un centravanti vero. Walcott o Sagna dal fondo hanno messo diversi cross sul primo palo, ma mai un giocatore in maglia bianco e rosso era lì, pronto ad anticipare i difensori citizens. Inoltre ci si poteva aspettare qualcosa di più dalla panchina. Soprattutto Arshavin, entrato per Walcott, non ha lasciato segni sul match. Piccoli dettagli che avrebbero potuto far cambiare una partita che comunque non meritava di finire in pareggio.