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domenica 18 luglio 2010

Ancora spunti mondiali, per riflettere

Noi italiani siamo maestri nell'affrontare i problemi quando ormai è troppo tardi. Senza capacità di prevenire ciò che inevitabilmente accadrà. Il calcio è lo specchio del nostro paese e pure in questo campo nessuno ha saputo o voluto evitare quello che è stato in Sudafrica: un fallimento tattico, tecnico e culturale.

Siamo usciti, in maniera ignobile, per una squadra campione in carica. Ma quello che maggiormente preoccupa è che, all'orizzonte, si preannuncia tempesta. Il mondiale non è stato un torneo da ricordare per la qualità delle partite, ma ha dato alcune importanti indicazioni.

Innanzitutto ha mostrato quanto sia importante l'identità di una squadra. Spagna, Germania, Olanda, solo per rimanere a quelle che sono arrivate in fondo, hanno iniziato il torneo con una precisa impostazione tattica e, se si escluse la scelta di Del Bosque di escludere un Torres in palese difficoltà fisica, hanno mantenuto la propria identità. L'Italia, che da sempre fa della versatilità tattica la propria prerogativa, ha fallito perché non ha saputo formulare un progetto, un'idea di gioco precisa. Tralasciando moduli, numeri e quant'altro, l'Italia è giunta in Sudafrica senza sicurezze e ha pagato questa situazione. Un mondiale non si improvvisa, si prepara nel tempo.

Importante è notare che sono state protagoniste del mondiale quelle squadre che negli anni hanno investito e lavoro molto sui settori giovanili. Se la Spagna può essere un caso sui generis, la roja può godere dei prodotti del Barcellona, la Germania ha dato una precisa dimostrazione di quanto la programmazione e il lavoro possano facilitare la costruzione di giocatori di qualità. Non si può costruire il talento a tavolino, ma si può far maturare ed emergere le qualità che la natura produce.

Luca Paradiso

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