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domenica 4 luglio 2010

Gli oriundi risolveranno tutto?

Partiamo da un dato di fatto oggettivo. Il calcio italiano è giunto a un livello tecnico-qualitativo innegabilmente basso. Abbiamo una crisi di talenti che è ben testimoniato dai risultati, scarsi, delle nostre nazionali giovanili. L'under 21, fiore all'occhiello del nostro movimento, negli ultimi anni ha molto faticato e non è riuscita a confermare quelle affermazioni che negli anni 90 l'avevano resa la nazionale più vincente.
Urge trovare una soluzione per evitare che tra quattro anni, in Brasile, gli azzurri ripetano una figura simile a quella del Sudafrica, se non peggiore.

Non basta infatti dire che siamo stati eliminati per colpa di Lippi e delle sue scelte. Il ct avrà sicuramente delle colpe ma il materiale umano a disposizione non era di altissimo livello. A parte alcune eccezioni, anche alcuni esclusi, il livello medio non era paragonabile a quello delle passate nazionali.

Che fare? L'opera di ricostruzione deve partire dal basso e solo con il tempo sarà possibile vedere i primi frutti. La limitazione degli extracomunitari è una decisione che ha dell'assurdo. Si chiude a brasiliani e argentini ma ciò non significa che necessariamente il loro posto sarà preso da calciatori eleggibili per la nazionale. E poi diciamolo chiaramente un posto in rose formate da oltre 20 giocatori non avrà la capacità di incidere. È la solita soluzione italica adottata da una dirigenza, quella federale, incapace di pensare un rinnovamento globale del movimento.

Si è parlato tanto di oriundi o naturalizzati. Altro tema perfetto per sviare la questione e non risolverla, una volta per tutte. Del resto in Italia siamo maestri nel non affrontare i problemi, ma rimandarli nel tempo, alle generazioni future. Ignorando il fatto che poi chi decide ed ha la responsabilità di risolvere le questioni rimane, a distanza di anni, sempre lo stesso che anni prima aveva rimandato il tutto. Perché lasciare la poltrona non è sempre così facile...

Facciamo chiarezza. Si pensa che il modello Germania sia quello vincente, prima però andrebbe conosciuto. Eccezion fatta per Cacau, naturalizzato nel 2009, gli altri “nuovi tedeschi” sono cresciuti calcisticamente in Germania. Marin e Podolski sono nati fuori dai confini tedeschi ma giovanissimi si sono trasferiti dai loro paesi di origine. Özil, Kedhira e Mario Gomez invece sono nati in Germania da genitori stranieri. Calciatori quindi tedeschi, formati in Germania e integrati da sempre nella società. Nulla a che fare con i vari Ledesma, Thiago Motta o Amauri che dovrebbero rappresentare la soluzione del problema azzurro. Questi oriundi italiani, pur essendo ottimi calciatori, sono qualcosa di completamente diverso. Giunti in Italia in età avanzata non possono essere accostati all'esperienza tedesca.

Capitolo Balotelli. L'interista è italiano a tutti gli effetti. In futuro avremo molti casi di calciatori di colore nati e cresciuti nel nostro paese e quindi italiani. Il problema dei cori contro l'attaccante dell'Inter è soprattutto legato al suo modo di stare in campo e di rendersi antipatico. Se saprà crescere e farsi ben volere potrà essere una risorsa apprezzata. Quelli come lui, la generazione Balotelli, sarà una possibile soluzione per i problemi del nostro calcio, come invece non potranno essere le naturalizzazioni dell'ultimo momento.


Luca Paradiso

1 commento:

Anonimo ha detto...

E'curioso che si parli di Oriundi come la risoluzione al problema.
quando domani si giocano un mondiale due squadre che non hanno Naturalizzati tra le loro fila (L'Olanda ha Boulahrouz ma è riserva).
l'Italia non ha bisogno di Amauri,Motta o Zarate
semmai di investire su vivai

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