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mercoledì 16 novembre 2011

Euro 2012: l'assurdità delle fasce di merito

Non rimane che attendere i sorteggi. Definita la griglia delle 16 squadre che la prossima estate si giocheranno il titolo di Campione d'Europa l'attesa è ora rivolta ai prossimi sorteggi nei quali verranno definiti i quattro gironi eliminatori. Le partecipanti sono divise in quattro fasce, anche se, come mai in passato, la differenza tra i vari gruppi di merito appare molto limitata. Eccezion fatta per la Spagna, campione uscente, e l'Olanda, finalista in Sudafrica, la presenza tra le teste di serie di Polonia e Ucraina, le nazioni organizzatrici, spinge nelle fasce più basse nazionali forti e abituate a ben figurare nelle manifestazioni internazionali. Questa situazione potrebbe garantire lo spettacolo. La “Dea bendata” potrebbe infatti regalare gironi equilibrati e difficili, partite subito di buon livello, facendo saltare la consuetudine di regalare una partenza soft alle nazionali più forti.
 
Ucraina e Polonia infatti hanno spinto in seconda fascia Germania, Inghilterra e Italia. Incuriosisce e spaventa anche la presenza nella quarta urna della Francia. La nazionale di Blanc non è ai livelli della rappresentativa che tra il 1998 e il 2006 seppe salire sul podio di due Mondiali e un Europeo, ma è pur sempre una squadra da prendere con le molle, capace di creare problemi a molti avversari. Per questo il suo inseriemnto in quarta fascia, soliamente destinata alle più deboli, rappresenta un rischio per le altre.
 
Paradossalmente è più conveniente trovarsi in seconda fascia, piuttosto che in prima. Germania, Italia, Inghilterra e Russia hanno il 50% di possibilità di incrociare una delle due organizzatrici. Ucraina e Polonia avranno dalla loro il vantaggio di giocare in casa, ma tecnicamente e qualitativamente sono inferiori alle avversarie della seconda fascia. Più complicata la situazione di Spagna e Olanda. Il loro inserimento tra le teste di serie le potrebbe mettere di fronte a un girone di ferro, eludendo quella che solitamente era il vantaggio di finire in prima fascia. I campioni del mondo e i vice campioni potrebbero incrociarsi, fin dall'avvio, con Germania, Portogallo e Repubblica Ceca. Dove sta il vantaggio?
 
L'idea di premiare le squadre organizzatrici inserendole in prima fascia è ammirevole. Garantisce pubblico e interesse. Tuttavia se su quattro posti due vengono già assegnati a nazionali non proprio fortissime che senso hanno le teste di serie? Meglio un sorteggio libero. Siamo sicuri che la composizione dei gruppi sarebbe stata molto simile a quella che avverrà con l'attuale sistema.
 
Già il partecipare di diritto è un premio, un grande premio a nazionali, Ucraina e Polonia in questo caso, che difficilmente avrebbero staccato il biglietto per la assegna continentale. L'inserirle in prima fascia è un secondo e inopportuno riconoscimento.


Magari un giorno sarà San Marino a organizzare un Europeo....


Pot 1: Ucraina, Polonia, Spagna, Olanda
Pot 2: Germania, Italia, Inghilterra, Russia
Pot 3: Croazia, Grecia, Svezia, Portogallo
Pot 4: Danimarca, Francia, Repubblica Ceca, Irlanda

lunedì 3 ottobre 2011

Pensieri liberi... la Juve di Conte

Che bella Juve. Aggressiva, determinata, sempre propositiva. Capace di sterilizzare tutte le fonti di gioco del Milan (che si riducono a Ibra, Seedorf e poco più).

Ha destato davvero una bella impressione la squadra di Conte. Se la partita di ieri doveva essere la prova di maturità, non è sbagliato dire che la Juve è pronta. Il rischio che le esperienze del passato si possano ripetere, soprattutto la partenza perfetta con Ferrara, fa tenere un profilo ancora basso. Nell'incertezza della serie A, dove le milanesi stentano e le medie volano, i bianconeri non devono temere di candidarsi per un ruolo da protagonista.

Ieri sera la Juve ha vinto grazie all'intensità e ai buonissimi sincronismi. Ha stupito la ferocia con la quale la squadra ha attaccato i rivali rossoneri. Capita spesso di vedere una squadra, solitamente una provinciale, che nell'affrontare una big punti sull'aggressività e sul pressing. Salvo poi trovarsi nell'ultima mezz'ora a corto di fiato e pagare il diverso tasso tecnico. La Juve invece è durata 90 minuti. Sintomo di una condizione atletica eccellente e di un'organizzazione di gioco notevole. Quando una squadra sa occupare bene il campo riesce in ogni situazione a mettere pressione agli avversari. La Juventus lo ha fatto perfettamente.
 
La mancanza delle coppe inoltre potrebbe essere decisiva. Anche la prima Juve di Lippi, quella dei tre attaccanti che portavano pressione già nella metà campo avversaria, vinse il suo primo scudetto concentrandosi unicamente sul campionato, senza la scocciatura dell'Europa. Per costruire una grande squadra serve proprio il lavoro quotidiano e la possibilità di focalizzarsi su un solo obbiettivo.

lunedì 19 settembre 2011

Pensieri liberi... Mancini, Gasp e Federico Buffa

Mancini si è lamentato per la carenza di alternative in mezzo al campo. Immediatamente i tabloid inglesi si sono scagliati contro il tecnico italiano e lo hanno ribatezzato "il ricco bambino viziato". Il tecnico aveva già sottolineato la ristrettezza della rosa a sua disposizione, arrivando a tesserare Hargreaves l'ultimo giorno di trattative.
Facendo il conto dei soldi spesi in estate, ben 79 milioni di sterline (Sergio Aguero 38 milioni; Samir Nasri 25 milioni; Stefan Savic 9 milioni, Gael Clichy 7 milioni, Owen Hargreaves arrivato a parametro zero) non si può che sorridere alle affermazioni del Mancio. Il suo avversario di domenica, il tecnico del Fulham Martin Jol, probabilmente non ha mai visto una cifra simile....

La sostituzione Forlan-Muntari ha scatenato il popolo nerazzurro. Il messaggio di Gasperini è chiaro. l'Inter fa troppa fatica a centrocampo. Da ormai due stagioni, escluso Poli che è ai box, non è stato acquistato nessuno in quella zona di campo. Motta è spesso infortunati, Cambiasso, Zanetti e Stankovic devono fare i conti con la carta d'identità. Forse al posto dei vari Jonathan, Alvarez e Zarate era meglio puntare su un mediano di sostanza in grado di rinverdire un reparto sulla via del tramonto. Altrimenti cari interisti vi tocca sorbirvi il mai tanto amato Muntari.

Il Napoli può davvero vincere lo scudetto? Con un anno di esperienza in più e alcuni interessanti innesti la squadra di Mazzarri può lottare tranquilamente con le milanesi. Si diceva che Cavani non avrebbe ripetuto la stagione scorsa, che è più difficile confermarsi, che ormai le avversarie conosco il gioco di Mazzarri, invece...
Degli azzurri sorpende la freschezza fisica e la capacità di ribaltare l'azione. Avevo dubbi sulla capacità di Inler di integrarsi in una squadra abituata a giocare con due corridori in mezzo al campo. Lo svizzero invece ha aumentato il livello qualitativo del centrocampo azzurro, senza modificarne l'equilibrio.

Dispiace che un giornalista serio, competente come pochi e in grado di regalare analisi sempre originali come Federico Buffa abbia deciso di lasciare Sky calcio show. L'Avvocato è comunque un numero uno. Per fortuna c'è youtube.

martedì 16 agosto 2011

Fabregas al Barcellona

Cesc Fabregas è, nuovamente, un giocatore del Barcellona. Il catalano, otto anni dopo la propria partenza, torna nella squadra che lo ha cresciuto fino all'età di 16 anni. Il club che, pur lanciando campioni in continuazione, non aveva saputo vedere le potenzialità del piccolo centrocampsita, tanto da spedirlo in Inghilterra come saldo dell'acquisto di Silvinho.

Finisce così una lunga e, onestamente, noiosa telenovela di calciomercato. Tre anni di ammiccamenti, trattative, passaggi imminenti poi saltati. Fabregas lascia l'Arsenal, la squadra che lo ha reso giocatore di livello inernazionale, che gli ha affidato, a poco più di 18 anni, le chiavi della squadra. Lascia Wenger, il manager capace di scovarlo e farlo crescere. Un'addio che crea un vuoto nei tifosi dei gunners, amareggiati da questa scelta e, leggendo nei vari forum e blog, dispiaciuti per quello che suona come un tradimento. Il sacrificio di Cesc rientra nell'ottica di un club ormai abituato a incassare sterline da cessioni eccellenti. Anche da un punto di vista tecnico la partenza ci sta. Fabregas ormai non aveva più voglia di vestire la maglia dell'Arsenal e l'ultima stagione, condita da infortuni e poche prestazioni "alla Fabregas", ne è la testimonianza.

Il suo arrivo al Barcellona rende la rosa di Guardiola ancor più ampia e competitiva. Tuttavia viene da chiedersi, avrà spazio nell'11 titolare? Per caratteristiche dovrebbe sostituire Xavi. Nel centrocampo a tre di Guardiola infatti Busquets è l'uomo che da equilibrio, Iniesta il tuttofare che spacca le partite e il 31enne catalano il classico regista. Unico al mondo per caratetristiche, Xavi interpreta il ruolo di play in modo unico. Come Fabregas non saprebbe fare. L'ex Arsenal infatti è più offensivo e meno manovriero.
Forse il Barca ha voluto mettersi in casa l'erede di Xavi, che tuttavia a 31 anni ha ancora davanti almeno 3 stagioni ad alto livello. In rosa inoltre c'è quel Thiago Alcantara di cui si palra un gran bene e che adesso rischia di veder ridotto il proprio minutaggio. 
Onestamente trovo difficile inquadrare l'arrivo di Fabregas? Perchè il Barcellona ha deciso di spendere quasi 35 milioni per un centrocampista che rischia di diventare un'alternativa, di lusso, ma non un titolare?
A meno che Guardiola non decida di cambiare modulo tattico. Con un rombo a centrocampo potrebbero trovare spazio tutti, sacrificando una punta. Ma anche in attacco i blaugrana hanno investito forte, acquistando il cileno Sanchez. Inoltre l'abbandono del 4-3-3 suonerebbe come un'abiura verso uno schieramento che ha reso i catalani la squadra più vincente del presente. Nel calcio è fisiologico cambiare, l'immobilismo non garantisce continuità di successi. Quello che non comprende è: perchè Guardiola si ostina a cercare nuove soluzioni (Ibra due anni fa ne è un esempio) se poi comunque è sempre il vecchio Barcellona a garantirgli successi?

venerdì 5 agosto 2011

Che brutto sorteggio...l'Udinese pesca l'Arsenal

Senza farsi troppe illusioni: l'Udinese ha pochissime possibilità di accedere al tabellone della Champions League. L'urna, già piena di insidie, gli ha regalato il peggior avversario possibile. Contro l'Arsenal serve un'impresa super.



Avesse preso il Benfica se la sarebbe potuta giocare, forse anche contro il Lione, ma le altre tre (Villareal, Bayern Monaco e Arsenal) oggettivamente hanno qualcosa di più. Non si tratta solo di club blasonati e abituati a giocare competizioni del genere, ma di rose altamente competitive e assortite. L'Arsenal, soprattutto, è quella che ha cambiato meno in questo calciomercato e, salvo offerte dell'ultima ora, il 16 agosto potrà fare affidamento anche su Fabregas e Nasri. I due, uniti ai vari Song, Wilshere, Van persie, Walcott, fanno veramente paura a un'Udinese uscita dal mercato con molti punti interrogativi. Partiti Sanchez e Inler non è arrivato nessun calciatore di esperienza, ma altri possibili grandi calciatori che dovranno dimostrare immediatamente di che pasta sono fatti.



L'Arsenal gioca da diverse stagioni nello stesso modo. Tanto, talvolta troppo, possesso palla, sfruttamento del campo nella sua ampiezza e scambi rapidi tra i molti centrocampisti dotati di ottima tecnica individuale. Se ci si vuol affidare ai numeri Wenger manda in campo i suoi con un 4-2-3-1 che ha in Van Persie un terminale atipico, molto diverso dal centravanti punto di riferimento che chi adotta lo schema a un solo attaccante spesso predilige. L'olandese ama svariare e questo suo modo di giocare talvolta rischia di creare dei vuoti in area di rigore. Se si vogliono trovare difetti ai gunners bisogna cercare nella poca concretezza che talvolta la squadra dimostra; quando per la giocata fine a sé stesso, o per la voglia di entrare in porta con il pallone tra i piedi, viene vanificata la gran mole di gioco prodotta. Oppure il reparto difensivo non è sempre impeccabile e talvolta lascia evidenti buchi agli avversari.



Se Guidolin vorrà almeno tentare l'impresa dovrà costruire il doppio confronto su questi limiti. Di Natale potrebbe sfruttare la maglie troppo larghe di una difesa che spesso viene lasciata sguarnita da terzini abituati a proporsi costantemente in fase offensiva. Lasciando il pallino del gioco in mano ai gunners e costruendo due linee vicine e compatte si può provare... certamente non sarà facile.

martedì 2 agosto 2011

Calcio d'estate, quando finirai

Manca ancora quasi un mese (purtroppo) alla chiusura del calciomercato. L'estate, con le sue trattative vere o presunte, è ormai il periodo dell'incertezza e delle banalità. Trasferimenti annunciati e mai conclusi, affari saltati all'ultimo momento... un tourbillon di voci che hanno l'unico pregio di far sognare tifosi delusi e desiderosi di vedere la propria squadra vittoriosa.

Ancora un mese che sicuramente regalerà colpi sensazionali. Si parla di Fabregas al Barcellona (la storia ormai è vecchia di anni e chissà se si concluderà), di Sneijder al Manchester United, di Nasri al City. Grandi giocatori che potrebbero spostare gli equilibri e che non permettono, al momento, di stilare una reale griglia delle favorite dei vari campionati.

Ciò che è emerso da questa pazza estate è l'apparizione di "nuovi ricchi". Malaga, Paris saint Germain e Anzi stanno ripercorrendo i passi del Manchester City e ancor prima del Chelsea. Squadre dalla tradizione modesta che, grazie ai dollari del petrolio o del gas, tentano di accaparrarsi sul mercato i migliori giocatori, nel tentativo di comprare quel fascino che solo coppe, titoli e storia possono dare.

Fortunatamente tra poco si comincerà a giocare. Venerdì parte la Bundesliga, seguita, il giorno successivo, dalla Ligue 1, il 13 agosto tocca alla Premier, poi Liga e Serie A.Tutti in campo insomma, prima che il mercato chiuda.

lunedì 25 luglio 2011

Rossi e la Juve: storia a lieto fine?

In principio fu Aguero. Conte e la dirigenza juventina avevano individuto nell'argentino quel top player tanto pubblicizzato. Dopo anni di magre consolazioni e di mercati assolutamente fallimentari serve un colpo a sensazione per risollevare l'umore dei tifosi juventini. Ecco quindi Aguero, attaccante acquistabile perchè non già inserito nella rosa di un top club.

Quarantacinque milioni non trattabili il prezzo del Kun. Pari pari l'importo della clausola rescissoria, senza possibilità di fare sconti o dilazioni. Troppi. Ecco quindi il piano B: Pepito Rossi. L'attaccante del Villareal gradirebbe un ritorno in Italia, senza tuttavia disdegnare l'attuale sistemazione. In Spagna è diventato l'idolo della tifoseria, stabilendo anche il record di reti segnate in maglia amarilla. Il club lo ha trattato da re e gli è stato vicino nei momenti difficile. Per questi motivi non è disposto a fare da spalla alla Juventus. Solitamente nel corso delle trattative, dopo l'iniziale richiesta del club, entra in scena il calciatore che attraverso il procuratore cerca di spingere affinchè l'operazione vada in porto. Rossi non intende farlo. Ha manifestato il proprio apprezzamento per il passaggio in bianconero, ma non intende andare oltre. 

La Juve per questo si trova nella scomoda situazione di dover accettare le condizioni dettate dal Villareal. Sono pochi i milioni che ancora ballano tra domanda e offerta, ma non ci sarebbe da stupirsi se dovesse essere la Juventus ad accettare le richieste degli spagnoli per poter finalmente mettere fine all'operazione più importante di questo calciomercato.



sabato 4 giugno 2011

Wembley London final 2011

Senza biglietto, purtroppo. E senza possibilità di vederla in Tv, dato che tutti i pub nelle vicinanze erano chiusi. Solo la possibilità di fare qualche scatto prima e durante la finale di Wembley.




In metro, tra i tifosi dello United. Quelli catalani erano seduti più avanti.


La fermata della metropolitana.


Verso lo stadio.




L'arco in lontananza.



Il sottopasso della metropolitana.








Lo stemma dello United sullo stadio.


... e quello del Barcellona.


La polizia controlla.
 

George Best... se fosse stato in campo...






Il tifo del Barcellona non ha confini. 






giovedì 2 giugno 2011

Emirates Stadium: la casa dell'Arsenal

Lo ammetto: recarsi a Londra con l'idea di visitare L'Emirates Stadium e non poterlo fare è un pelino fantozziano. 

Ho solo fatto una vista nel negozio ufficiale del club, dove ho comprato una maglia dell'Arsenal un po' vintage, e camminato lungo tutto il perimetro dello stadio. Il museo, ahimé, era chiuso.

Ecco le foto.


Il Pub "Herbert Chapman" intitolato al mister che giudò l'Arsenal negli anni 20-30 e passò alla storia quale inventore del "sistema".


Ecco come appare dalla strada.


La foto con tutti i giocatori che hanno vestito la maglia bianco-rosso.


Una gigantografia.




  

Alcune leggende.

I Gunners.







martedì 24 maggio 2011

Fine della sceneggiata... napoletana

Ultima ma doverosa precisazione. Mazzarri rimane l'allenatore del Napoli. Grazie alla mediazione del direttore sportivo Bigon il presidente De Laurentiis ha confermato, anche per la prossima stagione, il mister toscano.
Settimane di tira e molla, con il profilarsi di un finale ad effetto, hanno portato a un nulla di fatto.

lunedì 23 maggio 2011

Errata corrige... Mazzarri non sarà l'allenatore del Napoli

Solo ieri scrivevo del fallito bluff di Mazzarri e della sua permanenza sulla panchina partenopea.


Invece il vulcanico De Laurentiis ha spiazzato tutti e, con un colpo da maestro, ha calato il classico finale da cinematografo. Per la prossima stagione, con ogni probabilità, l'allenatore del Napoli, colui che guiderà gli azzurri in Champions Legaue, sarà Gasperini.



Il presidente ha mostrato in un solo colpo quanto poco gradite siano state quelle frasi urlate al momento sbagliato, nel luogo sbagliato. Fin dall'inizio del suo regno De Laurentiis non ha mai nascosto la propria voglia di rivedere il funzionamento del sistema calcio. Talvolta assumendo anche posizioni grottesche, ma sempre cercando di tenere duro di fronte alle richieste dei calciatori di continui adeguamenti, rinnovi e premi. Daltronde è erede diretto di colui che fece sequestrare una villa a Fellini per il mancato rispetto di un accordo scritto.



Con Mazzarri ha condotto una tattica perfetta. Un'attesa fatta di silenzi e frasi di circostanza quando il tecnico urlava ai quattro venti le sue intenzioni future. Al momento giusto ecco arrivare la scure dell'esonero. Un'azione da vero capo, condotta contro un tecnico osannato continuamente, fino al momento del tradimento. Per De Laurentiis quello di Mazzarri è stato un vero tardimento.

domenica 22 maggio 2011

E Mazzarri rimarrà al Napoli

"Punta alla luna se tutto va male cadrai su una stella"... Una frase che riassume perfettamente la vicenda Mazzarri e il suo tira e molla recente. L'allenatore azzurro, grande protagonista della stagione monstre del Napoli, si trova nella "spiacevole" situazione di dover continuare il suo lavoro a Napoli. Non che si tratti di un ripiego, anzi. Gli azzurri hanno una squadra in crescita, giovane, il prossimo anno parteciperanno alla Champions Legaue, hanno un presidente notoriamente attento alle questioni economiche ma sempre desideroso di rinforzare la propria squadra.


Mazzarri ha vissuto un mese particolare. Ha iniziato a mettere in giro dubbi sul proprio futuro, nel momento in cui la squadra stava per raggiungere un grande obbiettivo. “Non so se rimarrò”, “devo parlare con la società”, “vedremo”... dichiarazioni che hanno aperto una possibilità: quella di salutare dopo un risultato storico. Il presidente non si è mai scomposto. Insistendo sull'esistenza di un contratto ha, pubblicamente, sempre snobbato le parole del proprio mister.



I malumori di Mazzarri, secondo i bene informati, avevano diverse cause. La voglia di monetizzare un'annata irripetibile, la difficoltà avvertita, con la rosa attuale, a ripetere un campionato simile, l'esigenza di veder soddisfatte le proprie richieste in sede di calciomercato. Pretese legittime, ma forse ritenute troppo elevate dalla società. Da qui la volontà di lanciare messaggi. A chi? Alle tante società in cerca di un tecnico nuovo per la prossima stagione. Juve e Roma soprattutto.



Per alcune settimane il tecnico toscano sembrava a un passo dalla panchina juventina. Poi Agnelli ha svoltato su Conte. Mazzarri si è reso conto che il suo bluff era fallito. Saltato l'approdo a una “grande squadra” ha preso atto di essersi cacciato in un vicolo cieco. Senza reali alternative ha dovuto accettare la propria permanenza in maglia azzurra. Stop ai mal di pancia, alle richieste, ai messaggi cifrati. È partita una nuova fase, quella attuale, che lo vede impegnato a smentire la sua ventilata possibilità di lasciare il Napoli.

martedì 19 aprile 2011

Deluse... la Coppa Italia è per voi

Sarebbe bello e affascinante se la Coppa Italia avesse il fascino della Fa cup e bastasse per confermare un tecnico anche per la prossima stagione (vedi Mancini al City). Purtroppo non è così. Sarà colpa della formula e della tendenza del nostro calcio, e di chi lo dirige, a snobbare tutte le competizioni diverse dalla Champions (salvo poi fare le figure che ben conosciamo). Solo il fallimento degli obbiettivi primari ha reso interessanti le semifinali di quest'anno. Inter e Roma è la la sfida delle deluse, tra chi ormai può chiedere ben poco alla stagione. Le due squadre che hanno battagliato gli ultimi campionati si trovano quest'anno, ad aprile, con poco da chiedere alla stagione in corso. E la Coppa Italia diventa una dolce consolazione. In fondo è sempre un “titulo”.



L'andata di questa sera ha visto la vittoria fuori casa dell'Inter grazie a una rete di Stankovic. Ipoteca sulla finale? La Roma può, lo ha già fatto, vincere a San Siro. I giochi quindi rimangono aperti.

La stagione delle due però, con la delusione a fare da comun denominatore, è un pizzico differente. L'Inter ha messo in bacheca due coppe, ha tentato, per poco non ci è riuscita, di rivaleggaire con il Milan e ha raggiunto i quarti di Champions. Non proprio un fallimento. Squadra bollita, spremuta, da rifondare. Se ne sono sentite molte. La verità è che i nerazzurri avevano abituato bene e anche una stagione negli standard diventa un fallimento. La Roma invece ha toppato la stagione. Ormai fuori anche dai primi quattro posti può rallegrarsi solo per il sopirato passaggio di proprietà. Due deluse si, ma i giallorossi un po' di più. E la Coppa Italia, quel sorteggio beffardo, le ha messe di fronte. Una contro l'altra. Per chi passa c'è la finale, per l'altra il premio di super delusa. Non dimentico la Juventus, altro grande fallimento stagionale. Magari avessero organizzato un trinagolare... Roma, Juve, Inter... ma il regolamento non lo permette.

mercoledì 6 aprile 2011

La disfatta nerazzurra

Tutto in tre giorni, 180 minuti per indirizzare una stagione verso il tanto vituperato “zero tituli”. Fino a venerdi sera l'Inter era la squadra più in forma, candidata principale a mettere le mani sul prossimo scudetto e quasi sicura semifinalista della Champions League. Milan e Schalke 04 sembravano ostacoli superabilissimi. La rincorsa targata Leonardo, la qualificazione contro il Bayern Monaco, il recupero di tutti gli eroi della scorsa stagione erano segnali chiari di un destino ormai deciso. Invece è successo l'irreparabile. Non tanto perchè sono arrivate due sconfitte, ma perchè le batoste subite da Milan e Schalke hanno ridimensionato ogni ambizione. Si può perdere per episodi negativi, ma subire 8 reti nelle due gare decisive significa salutare ogni ambizione. Soprattutto il 2-5 in Coppa rende impensabile e utopico un passaggio del turno.


La sconfitta contro il Milan aveva evidenziato una squadra disorganizzata, disunita, incapace di mettere sul campo quella rabbia agonistica che nel recente passato l'aveva portata a raccogliere trofei. L'Inter di Mourinho vinceva le partite importanti prima ancora di entrare in campo. Quella di Leonardo non ha la stessa carica, non ha voglia di difendere, gioca in 60 metri e necessariamente concede campo e occasioni agli avversari. Il tecico basiliano contro lo Schalke ha tentato di sistemare il discorso tattico inserendo un centrocampista in più. Poco è cambiato. La difesa è costantemente esposta agli attacchi avversari, senza filtro, spesso troppo larga e statica. Emblematiche le reti subite dallo Schalke. Zanetti, già in difficoltà nel derby sull'out di sinistra, ha interpretato in maniera errata un paio di situazioni agevolando gli inserimenti degli avversari. Diagonali fatte male, mancanza di raddoppi, distanza tra i reparti: non sempre si può vincere segnando una rete più degli altri. In gare di Coppa è fondamentale, soprattutto in casa, non subire reti. L'Inter ne ha prese 5. Non conosco le statistiche, ma credo che mai una squadra in passato abbia saputo recuperare un passivo simile.



Con tutte le scusanti del caso e i discorsi sulla squadra stanca il calcio profetizzato da Leonardo ha prodotto speranze, ma non risultati. Valutando i suoi 4 mesi si deve dire che ha fatto un buon lavoro. Ha recuperato punti e posizioni. Ha rimesso l'Inter tra le prime tre del campionato, ma ha fallito le gare cruciali, quelle del “salto di qualità”.

giovedì 10 marzo 2011

La metamorfosi di Ibrahimovic


Non c’è nulla da fare. Ieri sera a White hart line è arrivata l’ennesima conferma: Ibrahimovic in Europa si trasforma. Come parte la musichetta della Champions il gigante svedese sveste i panni di super attaccante per trasformasi in anonimo centravanti. Quello strapotere fisico che in campionato gli permette di vincere da solo le partite e quella capacità di trasformare in palloni giocabili ogni rilancio lungo della difesa in Europa svanisce.

Non è più solo colpa delle squadre in cui gioca. Troppo spesso questo comportamento si è ripetuto ed ha mandato in fumo i sogni di gloria dei club che in lui vedevano l’ariete capace di portare avanti il cammino europeo. Lo ha fatto alla Juventus, con la scusante della giovane età ed esperienza internazionale. Lo ha confermato all’Inter, assistito da una squadra timorosa e incapace di affermarsi in campo internazionale. Lo ha ribadito nel Barcellona, club di grandi calciatori e fresco campione d’Europa. Ora pure al Milan, squadra fiera della propria vocazione europea.

Contro il Tottenham, nella doppia sfida, ha fatto scena muta. Di lui si ricorda solo l’appoggio sbagliato che ha lanciato il contropiede di Lennon poi finalizzato da Crouch. Poi null’altro. Due punizioni da 30 metri non possono salvare la partita di chi doveva guidare l’assalto ai bianchi londinesi. Imbrigliato da Gallas e Dawson, manco fossero Nesta e Thiago Silva…, Ibra ha vivacchiato al limite dell’area di rigore. Non è stato ben assistito dalla squadra, ma ciò non può giustificare il suo silenzio. Il Milan ha tenuto il pallino del gioco per tutta la gara, ma ha mosso la palla a velocità ridotta permettendo ai londinesi di organizzarsi perfettamente in fase difensiva. Ibra non ha trovato spazi, né palloni giocabili, perché la sua zona era occupata da troppe persone. Lasciando l’iniziativa in mano ai rossoneri il Tottenham ha impedito lo schema che esalta meglio di ogni altro il centravanti milanista: palla lunga.

Spiegare questa metamorfosi europea è complicato. Servirebbe uno psicologo forse. È vero che in Champions le squadre hanno una fisicità maggiore rispetto ai club medio-piccoli che affollano i campionati di mezza Europa. Tuttavia è disarmante l’inconsistenza dello svedese nelle sfide internazionali.
Da domenica il Milan si trufferà nel campionato, obbietto primario della stagione, con la consapevolezza di poter contare su un attaccante, in questo caso, decisivo.

lunedì 28 febbraio 2011

Juventus... profondo rosso

Quaranta milioni di passivo nel primo semestre, due sconfitte consecutive, un preoccupante -7 dalla zona Champions e incertezze, tante su troppe cose. Il 2011 della Juventus è decisamente negativo. Due mesi hanno cancellato quello di buono che il 2010 aveva costruito. Sei sconfitte in due mesi, un progetto tecnico che fatica a decollare, una squadra involuta e quasi incapace di giocare da Juve. Gli ingredienti per voltare pagina e ripartire da zero ci sarebbero tutti. Non sarebbe però una novità. In estate Agnelli decise di puntare forte su Marotta e Del Neri. Un dirigente esperto e navigato e un allenatore capace di dare un'identità alle proprie squadre. Il passo da una squadra di media classifica a una grande è spesso traumatico.



La squadra non è di primissima fascia. Ha tanti buoni calciatori, ma nessun campione, nessun vero leader. Una squadra si costriuisce sul blocco centrale. La Juventus non ha un difensore, né un centrocampista centrale di livello assoluto. Lo spostamento a sinistra di Chiellini può essere letta in due modi: la necessità di coprire un ruolo altrimenti scoperto, oppure la constatazione che il difensore non è adatto a ricoprire un ruolo così delicato. Troppo istintivo per guidare una linea difensiva. A centrocampo, dopo una stagione e mezzo, Melo non riesce a scrollarsi di dosso una certa piattezza. Poche partite positive non cancellano tante prove incolori. Aquilani non ha la continuità necessaria per divenatare il regista. Ricordiamoci Emerson dell'ultima grande Juve... il paragone è impietoso.

Cose da Zamparini

Palermo gli sarà per sempre riconsociente. Zamparini ha riportato i rosanero in serie A, ha fatto arrivare in Sicilia ottimi giocatori, ha scovato giovani dal futuro assicurato. Nelle ultime stagioni la sua squadra ha garantito bel gioco e spensieratezza alla serie A. Lui, famigerato mangiallenatori, sembrava avesse trovato un equilibrio con Delio Rossi: una coppia perfetta. La Champions sfiorata lo scorso anno, le dichiarazioni dopo le prime sconfitte della stagione in corso: “Rossi può perdere anche quattro partite e non rischia niente”. Oggi, due mesi dopo, è tutto diverso.



Delio Rossi con la roboante sconfitta di ieri sera ha chiuso la sua esperienza a Palermo. Sette reti al passivo e una squadra allo sbando. Ultimo episodio di un mese orribile, colorato dai botta e risposta tra presidente e tecnico. Il Palermo ha iniziato a perdere quando il suo presidente ha ripreso a fare quello che, nella sua lunga carriera, ha spesso fatto: mettere in discussione gli allenatori.





Accuse continue alla gestione della rosa, alla disorganizzazione difensiva, all'incapacità di rendere ermetica una squadra nata per attaccare. Rossi ha fatto il possibile. Senza i difensori titolari ha dovuto arrangiarsi e puntare su atleti non all'altezza. Come quel Andelkovic, scovato in Slovenia da Zamparini, ma incapace di seguire le orme di Ilicic e Bacinovic. Alla ricerca continua del colpo dell'anno Zamparini ha provato a battare mercati finora sconosciuti. In alcuni casi ci ha visto giusto, in altri ha sbagliato. Capita anche ai migliori, ma perchè poi buttare la croce addosso all'allenatore? Che colpe ha Rossi se contro il Bologna i suoi difensori si fanno espellere e al 90' non riescono a contrastare lo stacco aereo di Paponi? Poche, senza alternative in rosa.





Pesa invece la delegittimazione che ha subito Delio Rossi. Messo alla berlina come mai un presidente dovrebbe fare, il tecnico ha pagato una squadra distratta dalle voci di mercato e pronta ad attribuire le ragioni di una sconfitta al tecnico. Se lo fa il presidente perchè non dovrebbbero farlo i giocatori? Quanti problemi si sarebbero evitati presidente se invece di sbanderare ai quattro venti il proprio disappunto per il modo di lavorare di Rossi avesse avuto l'accortezza di parlare a quattr'occhi con il proprio allenatore? Forse il Palermo avrebbe qualche punto in più e sarebbe ancora in corsa per qualcosa di importante.

mercoledì 23 febbraio 2011

Anelka regala la vittoria al Chelsea di Ancelotti


Ancelotti sa di essere in bilico. I risultati fin qui deludenti non gli possono far dormire sonni tranquilli. Il suo Chelsea è ormai in corsa solo in Champions League. Quella di ieri sera era una gara decisiva e un’eventuale sconfitta avrebbe potuto spingere Abramovich a esonerare immediatamente il tecnico. Questa precarietà è testimoniata da molte situazioni. Prima della gara con il Copenaghen, oltre alle dichiarazioni di facciata della conferenza stampa, l’allenatore italiano ha mostrato alcune incertezze riguardanti il suo futuro. La speranza di rimanere a Stamford Bridge  ha preso il posto della sicurezza di continuare l’avventura. Piccole variazioni lessicale che però mostrano la realtà dei fatti. Il mercato invernale inoltre avvalora la tesi. Davvero Ancelotti voleva Torres? L’attaccante ex Liverpool è sicuramente un ottimo investimento futuro, il degno erede di Drogba ormai vicino al saluto. Tuttavia per vincere subito qualcosa di importante i blues necessitavano di rinforzi a centrocampo. Essien e Lampard a parte non ci sono nella rosa calciatori di livello internazionale. Ramires ha deluso e fatica a inserirsi. Mikel è un buon rincalzo. Si deve tenere presente inoltre che l’età avanzata di alcuni calciatori e gli innumerevoli infortuni hanno fatto perdere alla squadra quella superiorità fisica che negli anni ha costituito la base di tante vittorie. Ancelotti si trova quindi a gestire una squadra simile al suo ultimo Milan: avanti con gli anni e alla fine di un ciclo.

Fiutando il pericolo il tecnico ha quasi abiurato le sue convinzioni tattiche e contro il Copenaghen ha riproposto il 4-4-2. Un modulo sempre valido nelle situazioni di difficoltà perché capace di garantire compattezza e copertura degli spazi. Contro una squadra nettamente inferiore come il Copenaghen, cenerentola delle 16 rimaste in corsa, Ancelotti ha piazzato Ramires sull’out di destra, un centrocampista adattata a quella posizione, e Malouda sulla sinistra. In avanti Anelka alle spalle di Torres. Per l’ivoriano è l’ennesima panchina dall’arrivo del Nino. Lo spagnolo è stato pagato tanto e quindi deve giocare. Didier è ormai alla fine della sua esperienza. I due difficilmente possono coesistere in questo difficile momento, quindi Ancelotti deve scegliere.

La vittoria per 2 a 0 chiude il discorso qualificazione e permette al Chelsea di indirizzare ogni energia sui prossimi quarti di finale e sulla rincorsa al quarto posto in Premier. Un risultato che però non può far pensare a una squadra fuori dalla crisi.