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lunedì 28 febbraio 2011

Juventus... profondo rosso

Quaranta milioni di passivo nel primo semestre, due sconfitte consecutive, un preoccupante -7 dalla zona Champions e incertezze, tante su troppe cose. Il 2011 della Juventus è decisamente negativo. Due mesi hanno cancellato quello di buono che il 2010 aveva costruito. Sei sconfitte in due mesi, un progetto tecnico che fatica a decollare, una squadra involuta e quasi incapace di giocare da Juve. Gli ingredienti per voltare pagina e ripartire da zero ci sarebbero tutti. Non sarebbe però una novità. In estate Agnelli decise di puntare forte su Marotta e Del Neri. Un dirigente esperto e navigato e un allenatore capace di dare un'identità alle proprie squadre. Il passo da una squadra di media classifica a una grande è spesso traumatico.



La squadra non è di primissima fascia. Ha tanti buoni calciatori, ma nessun campione, nessun vero leader. Una squadra si costriuisce sul blocco centrale. La Juventus non ha un difensore, né un centrocampista centrale di livello assoluto. Lo spostamento a sinistra di Chiellini può essere letta in due modi: la necessità di coprire un ruolo altrimenti scoperto, oppure la constatazione che il difensore non è adatto a ricoprire un ruolo così delicato. Troppo istintivo per guidare una linea difensiva. A centrocampo, dopo una stagione e mezzo, Melo non riesce a scrollarsi di dosso una certa piattezza. Poche partite positive non cancellano tante prove incolori. Aquilani non ha la continuità necessaria per divenatare il regista. Ricordiamoci Emerson dell'ultima grande Juve... il paragone è impietoso.

Cose da Zamparini

Palermo gli sarà per sempre riconsociente. Zamparini ha riportato i rosanero in serie A, ha fatto arrivare in Sicilia ottimi giocatori, ha scovato giovani dal futuro assicurato. Nelle ultime stagioni la sua squadra ha garantito bel gioco e spensieratezza alla serie A. Lui, famigerato mangiallenatori, sembrava avesse trovato un equilibrio con Delio Rossi: una coppia perfetta. La Champions sfiorata lo scorso anno, le dichiarazioni dopo le prime sconfitte della stagione in corso: “Rossi può perdere anche quattro partite e non rischia niente”. Oggi, due mesi dopo, è tutto diverso.



Delio Rossi con la roboante sconfitta di ieri sera ha chiuso la sua esperienza a Palermo. Sette reti al passivo e una squadra allo sbando. Ultimo episodio di un mese orribile, colorato dai botta e risposta tra presidente e tecnico. Il Palermo ha iniziato a perdere quando il suo presidente ha ripreso a fare quello che, nella sua lunga carriera, ha spesso fatto: mettere in discussione gli allenatori.





Accuse continue alla gestione della rosa, alla disorganizzazione difensiva, all'incapacità di rendere ermetica una squadra nata per attaccare. Rossi ha fatto il possibile. Senza i difensori titolari ha dovuto arrangiarsi e puntare su atleti non all'altezza. Come quel Andelkovic, scovato in Slovenia da Zamparini, ma incapace di seguire le orme di Ilicic e Bacinovic. Alla ricerca continua del colpo dell'anno Zamparini ha provato a battare mercati finora sconosciuti. In alcuni casi ci ha visto giusto, in altri ha sbagliato. Capita anche ai migliori, ma perchè poi buttare la croce addosso all'allenatore? Che colpe ha Rossi se contro il Bologna i suoi difensori si fanno espellere e al 90' non riescono a contrastare lo stacco aereo di Paponi? Poche, senza alternative in rosa.





Pesa invece la delegittimazione che ha subito Delio Rossi. Messo alla berlina come mai un presidente dovrebbe fare, il tecnico ha pagato una squadra distratta dalle voci di mercato e pronta ad attribuire le ragioni di una sconfitta al tecnico. Se lo fa il presidente perchè non dovrebbbero farlo i giocatori? Quanti problemi si sarebbero evitati presidente se invece di sbanderare ai quattro venti il proprio disappunto per il modo di lavorare di Rossi avesse avuto l'accortezza di parlare a quattr'occhi con il proprio allenatore? Forse il Palermo avrebbe qualche punto in più e sarebbe ancora in corsa per qualcosa di importante.

mercoledì 23 febbraio 2011

Anelka regala la vittoria al Chelsea di Ancelotti


Ancelotti sa di essere in bilico. I risultati fin qui deludenti non gli possono far dormire sonni tranquilli. Il suo Chelsea è ormai in corsa solo in Champions League. Quella di ieri sera era una gara decisiva e un’eventuale sconfitta avrebbe potuto spingere Abramovich a esonerare immediatamente il tecnico. Questa precarietà è testimoniata da molte situazioni. Prima della gara con il Copenaghen, oltre alle dichiarazioni di facciata della conferenza stampa, l’allenatore italiano ha mostrato alcune incertezze riguardanti il suo futuro. La speranza di rimanere a Stamford Bridge  ha preso il posto della sicurezza di continuare l’avventura. Piccole variazioni lessicale che però mostrano la realtà dei fatti. Il mercato invernale inoltre avvalora la tesi. Davvero Ancelotti voleva Torres? L’attaccante ex Liverpool è sicuramente un ottimo investimento futuro, il degno erede di Drogba ormai vicino al saluto. Tuttavia per vincere subito qualcosa di importante i blues necessitavano di rinforzi a centrocampo. Essien e Lampard a parte non ci sono nella rosa calciatori di livello internazionale. Ramires ha deluso e fatica a inserirsi. Mikel è un buon rincalzo. Si deve tenere presente inoltre che l’età avanzata di alcuni calciatori e gli innumerevoli infortuni hanno fatto perdere alla squadra quella superiorità fisica che negli anni ha costituito la base di tante vittorie. Ancelotti si trova quindi a gestire una squadra simile al suo ultimo Milan: avanti con gli anni e alla fine di un ciclo.

Fiutando il pericolo il tecnico ha quasi abiurato le sue convinzioni tattiche e contro il Copenaghen ha riproposto il 4-4-2. Un modulo sempre valido nelle situazioni di difficoltà perché capace di garantire compattezza e copertura degli spazi. Contro una squadra nettamente inferiore come il Copenaghen, cenerentola delle 16 rimaste in corsa, Ancelotti ha piazzato Ramires sull’out di destra, un centrocampista adattata a quella posizione, e Malouda sulla sinistra. In avanti Anelka alle spalle di Torres. Per l’ivoriano è l’ennesima panchina dall’arrivo del Nino. Lo spagnolo è stato pagato tanto e quindi deve giocare. Didier è ormai alla fine della sua esperienza. I due difficilmente possono coesistere in questo difficile momento, quindi Ancelotti deve scegliere.

La vittoria per 2 a 0 chiude il discorso qualificazione e permette al Chelsea di indirizzare ogni energia sui prossimi quarti di finale e sulla rincorsa al quarto posto in Premier. Un risultato che però non può far pensare a una squadra fuori dalla crisi.

lunedì 21 febbraio 2011

La Roma si affida ad “areoplanino” Montella per ritrovare la rotta

Se un tecnico arriva a rassegnare la dimissioni significa che davvero la situazione è compromessa. Ranieri ha deciso di fare un passo indietro dopo la sconfitta beffa di Marassi. La rimonta subita dai giallorossi è la fotografia di una squadra debole nella testa prima che nelle gambe. Superficiale, nel momento in cui mai avrebbe dovuto esserlo, debole di testa e senza una guida solida la Roma punta adesso su Vincenzo Montella per salvare il salvabile. C'è ancora una Champions Legaue da onorare, con una rimonta difficile ma non impossibile, e un campionato da chiudere almeno in quarta posizione. Il rischio di terminare alle spalle della Lazio è reale e a Trigoria non sarebbe particolarmente gradito.

Ranieri paga per colpe anche non sue. Lo scorso anno fu capace di guidare uno spogliatoio difficile e pilotarlo a un passo dallo scudetto. Quest'anno non ha saputo ripetere l'impresa. Si è ormai perso il conto di quanti atti di insubordinazione hanno visto protagonisti i calciatori della Roma. I malumori di Vucinic, i labiali di Borriello, il peso di Totti, l'assenza di Pizzarro, non sono che i casi più clamorosi, avvenuti sotto l'occhio attento delle telecamere. I proprietari americani stanno arrivando, sono all'orizzonte, ma non hanno ancora preso possesso. L'anarchia regna sovrana.

Anche Ranieri ha delle colpe. Il mister non ha saputo dare un'identità precisa alla squadra, nè a livello tattico, nè dal punto di vista caratteriale.  In attacco la rosa permette rotazioni e scelte. Tuttavia il turnover scelto è sembrato discutibile. Perchè non puntare sui calciatori più in forma invece che su una continua alternanza degli interpreti. Se Menez è davvero decisivo perchè non metterlo al centro del progetto? La difesa inoltre è diventata un colabrodo. La stessa linea inperforabile lo scorso anno ha regalato gol e occasioni ad ogni avversario.

Il cambio della guida tecnica dovrebbe dare quella scossa che si cerca ogni volta di fronte a situazioni del genere. Montella tuttavia non ha esperienza in panchina. È stato un grande ex, amato da tutto il popolo giallorosso per quei gol che portarono lo scudetto. Non ha ancora un profilo da allenatore, nè il tesserino necessario per sedere in panchina. Dovrà portare serenità. Conosce bene Trigoria e le sue dinamiche. Può bastare?






Il Barcellona supera a fatica il Bilbao


Il Barcellona torna alla vittoria e mantiene il Real Madrid a distanza di sicurezza. Al Camp Nou Messi e compagni superano con tanta fatica l’Athletic Bilbao per 2 a 1. Una vittoria che pone fine a una mini striscia negativa. Nelle ultime 2 gare, Sporting Gjion e Arsenal, i blaugrana avevano racimolato solo 1 punto: un vero record negativo per questa squadra.

La vittoria del Camp Nou non è stata semplice, tutt’altro. Contro un ostico, organizzato e attento Athletic il Barcellona ha faticato più del previsto. La quadra di Guardiola sembra attraversare un periodo di flessione e le prossime gare, Maiorca e Valencia in trasferta, saranno decisive. Contro l’Athletic la gara si mette subito in discesa grazie alla rete in avvio di Villa. I baschi nonostante lo svantaggio e il modulo a una sola punta mostrano la propria pericolosità e con Susaeta, assistito alla grande da Llorente, sfiorano il pari dopo 14 minuti. Poi il solito Barcellona: tanto possesso, predominio territoriale, gioco sulle fasce. A differenza del solito però manca il guizzo. Messi, pur giocando una discreta gara, sembra avere la mira sballata e non riesce a inquadrare la porta per almeno 75 minuti. Il Bilbao mette in mostra tutta l’aggressività di cui è dotato e nella ripresa, in contropiede, conquista un rigore netto. Iraola si incarica della battuta e segna. Al 50’ le squadre sono in parità. Il Barcellona rinizia a macinare gioco ma sembra quasi scontrarsi contro il muro biancorosso. Il tecnico Caparros, forse ingolosito dall’occasione, toglie Gabilondo e mette il più offensivo Muniain. In questo modo sbilancia ulteriormente la squadra. Con 3 punte in campo e quasi 80 minuti sulle gambe il Bilbao subisce la rete di Messi che decide la gara. È una rete che scaccia i fantasmi e mantiene il Real a distanza di sicurezza.

Una vittoria giusta per le occasioni e il predominio territoriale, ma molto più difficile del solito.  L'esultanza sul gol del 2 a 1 testimonia le difficoltà oggettive incontrate dai blaugrana. La rete di Messi ha come scacciati i fantasmi dal Camp Nou. 
E' tuttavia evidente che quella squadra abituata a chiudere le gare già nel primo tempo sta attraversando una fase di non brillantezza. Un fatto fisiologico che nell’arco della stagione inevitabilmente accade.  Senza grandi rincalzi, Mascherano e Affelay faticano a entare nei meccanismi, Guardiola è costretto a puntare sempre sui soliti. L'assenza di Puyol inoltre rende più vulnerabile la difesa.  Se non fosse stato per un colpo da maestro di Messi difficilmente il Barcellona avrebbe scassinato il fortino Bilbao.

La fase calante dei catalani conincide con un momento topico della stagione. La gara di ritorno con l’Arsenal è vicina.

sabato 19 febbraio 2011

Ha davvero vinto il Manchester United?


Che bello vedere una squadra di dilettanti, il Crawley Town, andare all'Old Trafford e davanti a 70.000 spettatori rischiare di mandare lo United, dominatore della Premier, al replay. Se Broodie nei minuti di recupero avesse messo dentro quella palla che invece si è fermata sulla traversa...

Il Chelsea saluta anche la Fa Cup


Dopo la Premier League i blues di Ancelotti salutano anche la Fa Cup. Contro l'Everton nel replay del 5° turno il Chelsea viene infatti sconfitto ai rigori dopo 120 minuti di partita terminati per 1 a 1, 0 a 0 al 90°. Ad Ancelotti rimane adesso una sola possibilità per non diventare il manager della peggiore stagione della storia recente dei blues (Scolari escluso): vincere la Champions League. 

Contro l'Everton la sconfitta è immeritata, ma non per questo meno difficile da digerire. Terry e compagni creano alcune interessanti occasioni da rete ma la mira degli avanti londinesi è davvero sballata. Soprattutto Lampard fallisce almeno un paio di situazioni non difficilissime. Il numero 8 pare sempre fare la scelta sbagliata quando mette piede dentro l'area avversaria. Nel supplementare è lui l'autore del momentaneo vantaggio, una rete che in parte lo riabilita degli errori precedenti. Senza i nuovi acquisti, Torres e Luiz, Ancelotti si affida a Drogba come terminale offensivo. Il centravanti però conferma il proprio momento no. Mai un guizzo, una giocata, una conclusione pericolosa verso la porta avversaria. Sicuramente fa peggio il compagno Anelka. Entrato al termine dei tempi regolamentari della sua partita si ricorda solo il rigore sbagliato. Un penalty mal tirato, senza rincorsa, quasi senza quella cattiveria di chi ha sul piede l'occasione per rendere meno difficile il momento già non semplice della propria squadra. 

L'Everton non crea granché in fase offensiva. Gioca una buona gara fino alla trequarti, mostrando evidenti limiti offensivi. Soffre nella ripresa quando il Chelsea preme maggiormente. Rischia di andare in vantaggio con Fellaini che però si fa trovare oltre la linea dei difensori sulla respinta di Cech. Con Baines su punizione riesce a trovare il pari quando ormai manca un minuto al termine dei supplementari. Come spesso succede in questi casi, ai rigori i toffees riescono a spuntarla grazie agli errori di Anelka e Cole. 

Adesso con un obbiettivo in meno da raggiungere, 120 minuti sulle gambe e inevitabili polemiche, Ancelotti deve preparare la prossima fondamentale gara, quella di martedì contro il Copenaghen. Ci saranno anche i nuovi acquisti, ma dovrà cambiare lo spirito di una squadra che sembra aver perso quella strapotere fisico che negli anni gli ha garantito tanti successi.

venerdì 18 febbraio 2011

Il giovedì di Europa Legaue

Ma siamo sicuri che l'Europa League sia davvero una coppetta di poco conto? In Italia le società lo pensano e la vedono soprattutto come un fastidio. Una torneo dove poter sperimentare, fare turnover e magari rimediare anche figure non proprio onorevoli. Alla buona faccia del ranking, della quarta squadra in Champions League e della sempre maggiore concorrenza che nei prossimi anni subiremo anche da Francia, Russia, Portogallo e Olanda. Se Galliani vorrebbe che il punteggio fosse calcolato in maniera separata tra le due coppe sarebbe meglio rispondere che, diversamente da ciò che avviene in Italia, le regole della Uefa non si cambiano in corsa per far comodo a tizio o caio. Discorso sentito e risentito, ma sempre più veritiero


Sbirciando il tabellone e seguendo il giovedì europeo però posso dire che sono state tante le partite interessanti. Merito anche dei rinforzi provenienti dalla Champions League e dal fatto che diversi club, ormai lontani dalla vetta dei propri campionati, fanno della Uefa un obbiettivo importante.

Il sorteggio poi ci ha messo del suo proponendo interessanti incroci già a partire dai sedicesimi di finale. Onestamente non vedo tutta questa differenza tra un Valencia-Schalke e un Siviglia-Porto. Le migliori, come normale, sono ancora tutte in Champions. Ma l'Europa League non merita assolutamente l'appellativo di coppa secondaria.



Il Porto per esempio, dominatore in Portogallo, ha trovato sulla sua strada una squadra sempre temibile come il Siviglia e al Pizjuan ha vinto. Il Manchester City invece in Grecia, con l'Aris Salonicco, ha giocato al risparmio, rimediando uno 0 a 0 che dovrebbe metterla al sicuro da spiacevoli sorprese, ma lascia aperto il discorso qualificazione. L'Aris vantava una striscia importante di risultati casalinghi ma la sua rosa è sicuramente inferiore a quella a disposizione di Mancini.



Interessante anche la partita tra Benfica e Stoccarda. Per i due club la coppa rappresenta una vera ancora di salvataggio di una stagione altrimenti priva di soddisfazione. In patria il Benfica deve fare i conti con l'imbattibile Porto, lo Stoccarda invece, penultimo, deve cercare di salvare la categoria. Ne è venuto fuori un 2 a 1 che lascia apertissimo il discorso qualificazione.



Il Liverpool gioco male, quasi in preda a una dose di sonnifero e regala uno 0 a 0 noiosissimo all'esordiente Kenny Dalglish. Il Re infatti era alla sua prima da manager in Europa. Ad Anfield tra una settimane servirà qualcosa in più per superare i coriacei, ma mediocri avversari dello Sparta Praga. Curiosità: capitano dello Sparta è quel Repka “ammirato” anni fa con la maglia della Fiorentina.



Contro lo Young Boys lo Zenit di Spalletti perde 2 a 1 dopo essere passato in vantaggio. Sarà colpa del lungo stop invernale? A pochi chilometri di distanza, a Basilea, lo Spartak Mosca vince invece per 3 a 2...




Finisce 0 a 0 tra Napoli e Villareal. È stata una piacevole partita, con gli azzurri bravi a gestire i momenti della gara e con almeno un paio di buone occasioni. I gialli spagnoli non producono grandi pericoli e badano soprattutto a rimandare i giochi alla gara di ritorno, tra 7 giorni al Madrigal.

Ancora sulla Champions League


Quattro partite, le prime, possono già dare alcune indicazioni utili per comprendere che Champions League è stata e sarà. Escludendo la partita Arsenal-Barcellona che merita un discorso a parte, negli altri tre ottavi di finale le squadre che hanno giocato in trasferta, avendo terminato il girone al primo posto, hanno ottenuto un risultato positivo.


Il Tottenham ha vinto a Milano per 1 a 0 e messo una bella ipoteca sul passaggio del turno. Per i rossoneri quella di White Hart line sarà una gara difficile. Servirà un'altra gara perfetta, come nel 2007 contro il Manchester. Neppure Ibra sembra credere molto nella qualificazione. Lo svedese infatti in un'intervista ha quasi ammesso l'impossibilità di andare avanti nella competizione europea. Il Tottenham non ha corso grandi pericoli, se non su palle da fermo. L'incapacità dei rossoneri di leggere la partita ha poi fatto il resto. A 10 minuti dalla fine non aveva senso portare 8 giocatori in avanti e lasciare scoperta la difesa in quel modo. Lennon aveva già mostrato quanto pericoloso potesse essere in velocità. Forse accontentarsi di uno 0 a 0 non era un'ipotesi da scartare così a cuor leggero.

Percentuali: Tottenham 70%, Milan 30%.



La Roma ha fato peggio. Perdere in casa per 3 a 2 contro lo Shaktar Donetsk sa tanto di eliminazione. I giallorossi sono sembrati davvero inadatti ad onorare una sfida così importante, stritolati tra le beghe di spogliatoio (Borriello docet) e la crisi societaria. La squadra di Lucescu ha dimostrato di saper gestire partite del genere e di non temere neppure la lunga inattività. La Roma li ha aiutato, perché se è vero che nel primo tempo ha fatto veramente poco, è anche necessario dire che tutto è avvenuto in 13 minuti di follia. Segno di una debolezza mentale che in sfide del genere si paga.

Percentuali: Shaktar 85%, Roma 15%.



La sfida più equilibrata è stata quella di Valencia terminata in pareggio. Al Mestalla i locali sono passati in vantaggio, hanno fallito il raddoppio e si sono dovuti piegare all'eterno Raul, autore della rete dell'1 a 1. In vista del ritorno lo Schalke 04 è favorito, ma sicuramente la partita non è decisa. Il Valencia è più abituato a giocare gare del genere e il fattore esperienza potrebbe contare.

Percentuali: Schalke 55%, Valencia 45%



L'Arsenal ha vinto invece contro il Barcellona. Al Camp Nou servirà la partita perfetta per passare il turno. Attenzione e applicazione in difesa, i rientri di Vermalen e Sagna saranno importanti, voglia di attaccare gli spazi che i blaugrana lasceranno. Soprattutto sulla sinistra il Barcellona è attaccabile. L'Arsenal ha la capacità di ribaltare l'azione con pochi tocchi, come ha fatto all'Emirates in un paio di occasioni. Sicuramente Messi non fallirà, anche al ritorno, tutte le palle gol che gli capiteranno sui piedi. Sarà un'altra gara ricca di occasioni. La mira e la cattiveria sottoporta potrà risultare decisiva.

Percentuali: Barcellona 55%, Arsenal 45%.



di Luca Paradiso

mercoledì 16 febbraio 2011

Il Tottenham vince a San Siro

I più speranzosi potranno dire: c’è ancora il ritorno. Tuttavia il Milan per passare ai quarti di finale di Champions League dovrà compiere una grandissima impresa in quel di White Hart Line tra quindici giorni. Ieri sera i rossoneri hanno buttato l’occasione di tenere almeno in bilico una qualificazione che solo degli osservatori superficiali potevano definire alla portata. Non inganni il fatto che il Tottenham si trova attualmente al quarto posto della Premier League, mentre il Milan comanda la Serie A dalla prima giornata. I due campionati non sono paragonabili tra loro. Oltremanica si gioca un calcio più intenso e veloce, che difficilmente può essere battuto solo grazie alle giocate dei singoli e alla presenza in campo di almeno sette giocatori prettamente difensivi. Non è la solita storiella dell’impalpabilità europea di Ibrahimovic, ma la netta differenza di velocità di squadre abituate a ritmi diversi. Il Tottenham, quello vero, non è la squadra disorganizzata che nella prima mezz’ora becca quattro reti dall’Inter. È un club che talvolta ha dei passaggi a vuoto, dovuti anche all’inesperienza in campo internazionale, ma che solitamente sa come comportarsi in un campo di calcio.

Non regge neppure l’alibi delle assenze. Il Milan aveva fuori Pirlo, Ambrosini, Boateng e Zambrotta (Van Bommel, Cassano non sono eleggibili in Europa e Galliani lo sapeva quando li ha acquistati). Agli Spurs mancavano Modric, regista di centrocampo, Bale, l’esterno che mezza Europa insegue, Hutton, terzino destro titolare, Huddlestone e Kaboul, difensore centrale. Se non erano più pesanti le assenze dei bianchi londinesi poco ci manca. 

Il Milan ha fatto troppo poco per vincere. Ha condotto un primo tempo timido nel quale il Tottenham non ha corso rischi. Thiago Silva davanti alla difesa è una scelta d’emergenza che sta diventando una necessità. Il brasiliano non è il più indicato a ricoprire quel ruolo soprattutto quando i ritmi si alzano e si rende necessario sveltire la manovra per evitare il pressing degli avversari. Palacios e Sandro hanno dominato la linea mediana. I due terzini rossoneri non sono in grado di reggere il confronto con calciatori di livello internazionale. Un Lennon che ti punta continuamente  è difficile da fronteggiare e da fermare. Limiti di una rosa che, al cospetto delle migliori d’Europa, mostra evidenti limiti. Forse i rossoneri non abbondano di giocatori di qualità come da tante parti si sostiene. Il suo centrocampo per esempio, tolto Pirlo, non ha un organizzatore di gioco. Solo Seedorf potrebbe ricoprire quel ruolo ma Allegri ha deciso di puntare su una linea muscolare. La scelta di mettere Pato nella ripresa ha vivacizzato un pochino il Milan. Le uniche occasioni sono arrivate su palle da fermo, ma il Papero ha dato peso a un attacco fino allora evanescente (Robinho e Seedorf non pervenuti).

E sul finire i rossoneri hanno deciso di sguarnire il centrocampo. Tutti avanti alla ricerca del gol. Ignorando che uno 0 a 0 casalingo è il meno negativo dei risultati non positivi.

Al triplice fischio c’è stato il triste siparietto di Gattuso che se la prende con Joe Jordan. Stamani leggevo un po' di commenti su facebook e ne ho trovato uno che sintetizza benissimo questo episodio: "e pensare che lo Squalo Jordan con il Milan ci è rimasto pure in serie B. Un po' come se tra vent'anni Trezeguet tornasse a Torino e si pigliasse una craniata dal capitano della Juve"...

lunedì 14 febbraio 2011

Arsenal - Barcellona: il match

Domani sera, dopo la lunga pausa invernale, riprende la Champions league. La competizione più bella e affascinante riparte con la formula tanto spettacolare delle gare ad eliminazione diretta. Centottanta minuti per scegliere la più forte. Adrenalina pura. 

Il calendario si è divertito a regalare grandi sfide e intrecci dall'esito abbastanza scontato. Il Chelsea per esempio, almeno sulla carta, non dovrebbe faticare più di tanto contro il Copenaghen. Sarà invece bella ed emozionante la gara tra Arsenal e Barcellona. Gli uomini di Wenger, per il secondo anno consecutivo, trovano sulla propria strada i catalani. Chissà che i gunners, subito dopo il sorteggio di dicembre, non abbiano maledetto quel secondo posto in un girone alla portata. 

Tuttavia se in Europa c'è una squadra che più di altre si avvicina ai tanto decantati, giustamente, blaugrana quella è proprio l'Arsenal. Tra i due club esiste un legame rintracciabile anche nelle recenti sessioni di mercato. Overmars, Henry, Hleb sono solo alcuni dei tanti che hanno lasciato Londra per la Catalogna. Molto spesso ci ha guadagnato l'Arsenal. Fabregas invece è il tormentone che ad ogni sessione di mercato si ripropone. 

Il Barcellona ha uno stile di gioco inconfondibile, collaudato e redditizio. L'Arsenal pure. A livello di qualità le due squadre giocano in maniera simile, seppure con alcune diversità dettate dalle diverse caratteristiche dei calciatori. Entrambe sfruttano molto il possesso palla e le triangolazioni strette. 

Il Barcellona si può battere in 2 modi. Affrontandolo a viso aperto e contrapponendo gioco al gioco, oppure tentando di chiudere ogni spazio e realizzando la gara difensiva perfetta (vedi Inter al Camp Nou). Per qualità di giocatori l'Arsenal non può tentare questa seconda strada. Se vuole passare il turno deve imporre il proprio gioco, fare la propria partita, imbastire le proprie trame. Se decide di abbassarsi ed aspettare gli avversari è già fuori.

La caratteristica principale del Barcellona (oltre al possesso palla) è la capacità di recuperare palla nella metà campo avversaria. Una volta perso il possesso i catalani non corrono all'indietro, a difesa della propria porta, ma vanno subito alla riconquista del pallone. Fanno pochi metri in avanti, per evitare di farne decine all'indietro. L'Arsenal dovrà quindi essere bravo ad evitare la prima linea di pressing. Una volta superato il primo attacco sarà possibile conquistare la metà campo avversaria. Il Barcellona non è abituato a subire la pressione degli avversari. Nella Liga non succede quasi mai. Non ha una linea di grandi difensori e sulla destra un Walcott che ha voglia di giocare può mettere in difficoltà Maxwell.

Se comunque il sorteggio voleva regalarci un bel ottavo di finale c'è sicuramente riuscito. Non finirà come lo scorso anno, 4 a 1 al Camp Nou. Allora i gunners arrivarono decimati dagli infortuni, senza Song e Fabregas e con diversi semiesordienti in campo.

Ronaldo saluta il calcio

Luis Nazario da Lima ha deciso di appendere le scarpette al chiodo. Uno dei più forti attaccanti di tutti i tempi dice stop. Potente e agile come nessun’altro ha deliziato le platee mondiali con giocate e numeri mai visti prima su un campo da calcio.

Continua

sabato 12 febbraio 2011

Rooney si sveglia nel giorno più atteso

E' stato un bellissimo derby all'Old Trafford, deciso da una prodezza di Wayne Rooney. Proprio lui, l'attaccante più atteso ma meno incisivo di questa stagione. Rooney ha scelto la partita migliore per tornare quel cecchino infallibile ammirato nella scorsa stagione. Lo ha fatto in un modo spettacolare con una rovesciata difficile e bellissima.

Minuto 78': risultato fermo sull' 1 a 1, il City sta crescendo e conquistando metri. Nani, autore anche del primo gol dei red devils, fa partire un cross dalla destra sul quale Roo si avventa. E' il gol dell'anno. Lo sarà sicuramente, perchè bellissimo stilisticamente e fondamentale nella corsa al titolo.

La partita aveva regalato fino a quel momento un piacevole spettacolo. Meglio il City in avvio con Silva che dopo pochi minuti spreca una ghiotta occasione per passare in vantaggio. Lo United però è un diesel e con il passare dei minuti inizia a carburare. Al 41' Nani firma il vantaggio. Rilancio lungo di Van der Sar, Rooney salta con Kompany, la palla arriva a Giggs che serve Nani nel taglio. Il portoghese stoppa bene e si presenta davanti a Hart. Il suo piatto sinistro finisce in fondo al sacco.

Nella ripresa Mancini prova a cambiare qualcosa. Inserisce prima Wright-Phillips, poi Dzeko. I due sono protagonisti dell'azione del pareggio. L'attaccante ex Wolfsburg raccoglie un cross del compagno e calcia verso la porta, la palla termina addosso a Silva e inganna Van der Sar. E' 1 a 1. 

Il City sembra crederci. Con due attaccanti di ruolo in campo la squadra è più equilibrata e presente in zona offensiva. Al 78' però Rooney inventa la prodezza. Per il City è una mazzata, una punizione forse troppo dura. Il 157° derby di Manchester va allo United. Per la banda Mancini è l'addio al sogno Premier.

giovedì 10 febbraio 2011

Il nuovo ruolo di Thiago Motta

Affidare il ruolo di centromediano a Thiago Motta e dirottare Cambiasso sul centrosinistra è stata una felice intuizione di Leonardo; l'unica vera novità rispetto al recente passato interista. Mourinho infatti aveva sempre preferito mettere l'argentino nel mezzo del centrocampo per sfruttarne l'intelligenza tattica e la capacità di raddoppiare sugli attaccanti avversari. Cambiasso era bravo a inserirsi nella linea difensiva ed era colui che iniziava la manovra pur non avendo caratteristiche tipiche del regista. Motta invece è un centrocampista differente che Mourinho schierava sul centrosinistra o in coppia con un altro mediano affidandogli libertà di inserimento e la responsabilità di tentare la giocata importante.

Leonardo invece ha invertito i due giocatori. In questo modo ha riscoperto le qualità di goleador di Cambiasso (a inizio carriera faceva il trequartista). Motta invece, non propriamente un calciatore dinamico, riesce, nel cuore del centrocampo, a far valere la propria prestanza fisica e la capacità di giocare palla a pochi tocchi. In questo modo ricopre quella posizione che già aveva ricoperto nel Barcellona, pivot davanti alla difesa. Pur non avendo nelle sue corde il gioco lungo (non è un Di Biagio capace di ribaltare l'azione con un solo passaggio), Motta riesce a muovere continuamente la palla e farla arrivare alle punte o a Sneijder nel più breve tempo possibile. Soprattutto con l'olandese mostra di avere un'intesa importante.

Cambiasso sul centrosinistra permette maggiore copertura del centrocampo. Neppure l'argentino ha un grande dinamismo ma garantisce equilibrio, pressing, recupera palloni e libera gli attaccanti da molti compiti difensivi.

Già Benitez, quando voleva ingaggiare Mascherano, aveva pensato di dirottare il Chucu sul centrosinistra per sfruttarne gli inserimenti senza palla. Leonardo ha messo in pratica questa idea e i risultati gli stanno dando ragione.

Luca Paradiso

martedì 8 febbraio 2011

Anche Fabregas...

Abramovich è imapzzito? Dopo aver chiuso l'anno con una perdita superiore ai 70 milioni di euro ha deciso di firmare due assegni per una cifra altrettanto consistente. Sono arrivati Torres e Luiz a rinforzare la rosa dei blues ma il passivo è cresciuto a dismisura.

Le spese però non sembrano finite. Il prossimo colpo potrebbe essere Cesc Fabregas. Già pronto un assegno bello ricco (60 milioni). Alla faccia del fair play finanziario e di ogni altra formula che la Uefa vorrebbe inserire per limitare le spese dei club. Tenuto conto che il Chelsea non farà cessioni per raccogliere le sterline necessarie ad arrivare al capitano dell'Arsenal (difficile piazzarli, sia per l'ingaggio che per l'età), Abramovich dovrà frugarsi nelle tasche. Sembra di essere tornati all'epoca di Mourinho, quando i blues dovevano costruire una squadra di vertice e non badarono a spese. 

Fabregas ha sempre detto che il suo sogno è quello di giocare nel Barcellona, ma in Catalogna non riusciranno mai a pareggiare l'offerta blues. Wenger non credo che farebbe resistenza. Per 60 milioni il suo capitano può trasferirsi tarnquillamente.

Luca Paradiso

lunedì 7 febbraio 2011

Esordio amaro per Torres. Lo United perde ma le rivali rallentano

Nemmeno l'esordio di Fernando Torres rianima il Chelsea. A Stamford Bridge Dalglish dà una vera lezione tattica al Chelsea e porta a casa tre punti pesanti. I reds sono bravi a impostare una gara attenta e prettamente difensiva, senza voler dare a questo termine una connotazione negativa. Il Liverpool mostra di saper stare bene in campo ed è bravo a sfruttare, con Mereiles, una delle poche occasioni della partita. Il Chelsea fallisce una ghiotta opportunità: quella di accorciare la classifica. Il turno era particolarmente favorevole agli uomini di Ancelotti, con la sconfitta dello United e il pari dell'Arsenal. I blues invece rimangono a -10 dalla vetta e la loro corsa verso la Premier si può dire chiusa. È vero che c'è ancora il doppio scontro diretto da giocare, ma con questo United , capace di perdere fin'ora solo 1 partita qualsiasi idea di rimonta appare irrealizzabile.



Ad Ancelotti rimane solo la Champions, con un Torres in più nel motore e il tempo necessario per inserirlo nel sistema di gioco. L'idea adesso è quella di puntare sul 4-3-3, Torres e Drogba davanti con Anelka a fare da raccordo tra le due linee.



Sorprende il pari dell'Arsenal a Newcastle per 4 a 4. Se alla vigilia i gunners non avrebbero disdegnato di uscire da St. James Park con un punto il modo in cui è arrivato lascia tanti rimpianti a Wenger. Sopra di 4 reti i suoi si sono fatti recuperare. Colpa anche di un arbitro assolutamente inadeguato. Si tratta di 2 punti buttati che avrebbero potuto dimezzare il distacco dallo United. Proprio la sconfitta dei red devils contro l'ex fanalino di coda Wolverhampton avrebbe potuto render più accesa la lotta per il titolo, invece le rivali dirette sembra non abbiano la forza necessaria per ricucire lo svantaggio.



Intanto il West Bromwich ha esonerato Roberto Di Matteo dopo la sconfitta per 3 a 0 rimediato contro il City di Mancini. Proprio la squadra di Tevez è l'unica capace di risucchiare 3 punti alla capolista e di portarsi a -5.

Sabato il calendario ci regala un bellissimo derby: Ferguson contro Mancini, United contro City.

giovedì 3 febbraio 2011

Real-Barcellona... pure in Coppa


Anche la Coppa del Re è un affare privato, strettamente privato. Una corsa a due, come la Liga. Real Madrid e Barcellona si sfideranno il prossimo 20 aprile per il trofeo, 3 giorni dopo il Clasico di campionato.

In una settimana quindi doppio confronto tra le due grandi di Spagna, con il ricordo della manita di qualche mese fa.


Il campionato sembra ormai andato per le merengues, distanti 7 punti, un'eternità se si valuta il cammino fin qui tenuto dal Barcellona. La Coppa quindi potrebbe essere l'occasione buona per una rivincita madrilena.



Le due squadre hanno raggiunto la finale in maniera molto diversa. Il Barcellona ha sbrigato in scioltezza la pratica Almeria. Già dopo il 5 a 0 dell'andata il discorso era chiuso. Guardiola ha potuto così fare un massiccio turnover nel ritorno di ieri. Sono cambiati gli interpreti ma non il risultato: 3 a 0 con Affellay alla prima rete in maglia blaugrana.



Il Real invece ha faticato di più per arrivare in finale. Merito anche di un avversario, il Siviglia, sicuramente superiore all'Almeria. Il risultato dell'andata inoltre lasciava aperto il discorso qualificazione. Al Pizjuan infatti i balncos avevano vinto 1 a 0 al termine di una gara equilibrata. Ieri sera al Bernabeu Mourinho ha schierato i migliori 11. La partita è stata in equilibrio, con il Siviglia più volte vicino alla rete necessaria per riequilibrare la sfida. All'82 Ozil ha però messo alle spalle di Varas, chiudendo di fatto la aprtita. Al 90' Adebayor ha segnato il 2 a 0.



E così 21 anni dopo sarà nuovamente Real-Barcellona in finale. Tutto come da pronostico, troppo forti le due big rispetto alle altre, con il Barcellona una spanna sopra il Real pronto a monopolizzare ogni competizione.



Luca Paradiso

Il Milan rallenta ma nessuno, per ora, ne approfitta


Napoli e Roma hanno perso una ghiotta occasione: quella di accorciare sul Milan capolista. Il turno infrasettimanale si è aperto con la sfida tra Milan e Lazio. Una gara non facile per gli uomini di Allegri, sia per l’avversario, sia per i tanti infortuni concentrati nel reparto di centrocampo. La Lazio dopo un periodo di leggera flessione è tornata a far punti ed è arrivata a San Siro con il chiaro intento di contenere gli attacchi milanisti e ripartire in contropiede. Ne è venuta fuori una gara abbastanza bloccata, con una certa prevalenza, per possesso palla e occasioni da rete, del Milan. Ibra ha colpito un incredibile doppio palo. Proprio l’occasione fallita dall’olandese è l’emblema della gara. Se non segna il numero 11 i rossoneri fanno fatica, perché Pato sta vivendo un’involuzione preoccupante. Pare che subisca la presenza dell’ingombrante Zlatan e si limiti a fare il compitino. Ibra sicuramente non lo aiuta. Lo richiama continuamente, anche in malo modo. È lo stesso atteggiamento che aveva con Balotelli. L’azzurro però, per carattere, era capace di farsi scivolare addosso qualsiasi richiamo, il brasiliano invece soffre tale situazione. Prove evidente di questa situazione è il fatto che il Papero cerchi continuamente di servire Ibra, anche quando potrebbe puntare la porta. Indizio di una soggezione preoccupante.

Il Napoli perde a Verona contro il Chievo. Una battuta d’arresto che ci può stare. Non è pensabile che gli azzurri riescano a mantenere una costanza di prestazioni e risultati come fatto fin’ora. A Mazzarri mancano i  ricambi ed è costretto a schierare sempre gli stessi 11. Se inoltre non può disporre di Lavezzi, il giocatore capace di creare superiorità e di attaccare la profondità, molto del potenziale offensivo viene meno. L’acquisto di Mascara nel mercato appena concluso è un chiaro tentativo di cercare un’alternativa là davanti. Il Chievo ha fatto un’ottima gara, attenta e aggressiva. Pioli ha scelto di cambiare modulo e se l’è giocata alla pari: stesso modulo e stessa intensità del Napoli. Una scelta che già Delio Rossi aveva fatto con il Palermo, ma che non aveva dato i frutti sperati.

La Roma interrompe una striscia di 8 vittorie consecutive in casa pareggiando contro il Brescia. I giallorossi buttano via un tempo, poi nella ripresa Ranieri mette dentro Menez e la squadra crea diverse situazioni da gol. Vucinic e Totti centrano la traversa, Borriello invece mette dentro. Il Brescia non molla e con l’attacco leggero (Eder, Diamanti e Lanzafame) trova il pari e allo scadere sfiora il colpaccio (traversa di Lanzafame). A fine gara De Rossi ha parlato di 2 punti persi. Il distacco dal Milan non cambia ma l’occasione per accorciare era ghiotta.

Stasera l’Inter fa visita al Bari per portarsi a -7. Leonardo ha a disposizione tutti i nuovi acquisti. Pazzini sarà in campo dall’inizio, Nagatomo forse. Tra i convocati ci sono anche Cambiasso e dopo 50 giorni Snejider. Per i nerazzurri è una sfida clou. Una mancata vittoria sarebbe la conferma che questo è proprio l’anno del Milan.

Luca Paradiso