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mercoledì 30 giugno 2010

Il futuro di Capello

“Se non sarà finale dovremo parlare di un fallimento”. Così si era presentato Fabio Capello all'avventura mondiale, forte e convinto di guidare una nazionale finalmente in grado di ben figurare e magari avvicinarsi a quella coppa che manca dal 1966. Dopo 4 partite invece la nazionale dei Tre Leoni è già tornata in patria con un carico di critiche e di accuse. Un fallimento assoluto, molto simile a quello di Italia e Francia. Non tragga in inganno il fatto che l'Inghilterra sia potuta arrivare agli ottavi e, contro la Germania, scontare una svista clamorosa dell'arbitro Larrionda. La nazionale inglese esce male, malissimo da questa avventura.

Rooney e compagni non hanno, in nessuna delle quattro partite giocate, fornito una prestazione degna di una grande squadra. La papera di Green all'esordio ha solo spostato le attenzioni della critica. Alla fine dei conti però resta un bottino clamorosamente esiguo: una vittoria, due pari e una sconfitta con 2 reti segnate e ben 5 subite. Un ruolino di marcia appesantito dalla sconfitta con i rivali storici della Germania.

Perché tutto questo? Difficile trovare un unico colpevole di fronte a un risultato così deludente. Ma il patriottismo britannico ha immediatamente puntato il mirino su Capello. In fondo doveva essere proprio lui il “mago” capace di ridare lustro, e successo, alla nazionale inglese. Ingaggiato per la sua capacità di vincere ha fatto peggio del bistrattato Eriksson.
A livello tecnico-tattico infatti Capello ha potuto fare, in piena autonomia, le scelte che ha ritenuto più consone e adatte al tipo di squadra che aveva in mente. Ha però pagato alcune decisioni poco logiche: il modulo, l'idea di insistere sull'accoppiata Lampard-Gerrard, la scelta del portiere. Anche a livello fisico la squadra è sembrata in difficoltà. Non è colpa dei ritmi massacranti della Premier. In Sudafrica abbiamo visto tanti calciatori provenienti dal campionato inglese correre per 90 minuti e mostrare una brillantezza che Lampard e compagni non avevano. Il problema è l'incapacità della squadra inglese, malgrado un tecnico esperto e abituato a vincere, di essere una squadra e non quella, come Capello avrebbe chiesto, di inserire la pausa natalizia anche nella Premier. Sarebbe un modo per far rifiatare i calciatori (ammesso che lo sia), ma rovinerebbe il fascino di un campionato che, proprio durante le festività natalizie, riesce ad attirare pubblico e famiglie allo stadio.

A livello di singoli pesano le assenze ingiustificate di alcuni elementi chiave. Rooney si è presentato in difficili condizioni fisiche dopo l'infortunio patito in primavera e non ha lasciato traccia. Forse ha patito anche la coesistenza con un altro attaccante (Heskey o Defoe) e l'incapacità di adattarsi a uno schieramento tattico differente rispetto a quello dello United.
Lampard ha fornito una prestazione sufficiente solo con la Germania. Nel girone è sembrato un fantasma schiacciato tra la problematica coesistenza con Gerrard e la difficoltà a trovare l'inserimento e la giocata giusta.
In difesa Terry doveva essere il baluardo, il punto fermo. Ha giocato notevolmente al di sotto delle aspettative e con la Germania, in coppia con Upson, ha mostrato alcune incertezze tattiche davvero pesanti. 

E adesso? Capello ha immediatamente confermato la sua volontà di non dimettersi. Ha ancora 2 anni di contratto e nessuna possibilità di accasarsi per la stagione prossima. Mai rinuncerà a tutti quei soldi. Nel caso dovrà essere la FA a decidere il licenziamento e garantirgli comunque buona parte dei rimanenti stipendi. Tutta una questione di soldi quindi. Sarebbe un gesto di stile e di sicuro apprezzamento se Capello decidesse quanto meno di rimettere il proprio mandato ed attendere le eventuali decisioni della FA. Lo ha detto anche in conferenza stampa che il valore di un allenatore non si basa unicamente sul fattore economico.


Luca Paradiso

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